Carlo Ceresa, un grande pittore del seicento lombardo. Nasce a San Giovanni Bianco, in val Brembana (BG) nel 1609 da Ambrogio Ceresa della Valsassina e Caterina Maurizio di Oltre il Colle. Il piccolo Carlo coltivò fin dall'infanzia una grande passione per la pittura, che non fu però accompagnata da studi specifici. In un periodo in cui fiorivano accademie e i ragazzi più inclini alle belle arti svolgevano apprendistato in botteghe di rinomati artisti, il Ceresa dovette farsi le ossa in modo autodidatta. Verso i vent'anni cominciò a eseguire i primi affreschi nelle chiese dei paesi limitrofi, riscuotendo notevole approvazione dai vari committenti. Solo allora cominciò a frequentare la bottega di Daniele Crespi, pittore milanese di undici anni più vecchio, al fine di carpirne le tecniche della professione e affinare le proprie abilità. La morte del suo maestro, avvenuta nel 1630 a causa della peste di manzoniana memoria, lo riportò nella sua valle, dove ricominciò a dipingere nelle chiese e santuari locali. I suoi soggetti erano principalmente a sfondo religioso, essendo lui stesso pervaso da una grande fede. Le opere emanavano notevole espressività, tanto che cominciò a eseguire, con ottimi risultati, numerosi ritratti. In quegli anni si sposò con Caterina Zignoni, appartenente a una famiglia benestante della zona e andarono a vivere nella frazione Grabbia, in una casa di proprietà del padre della sposa. Questa situazione cambiò radicalmente la vita del Ceresa che, forte della sicurezza emotiva e finanziaria acquisita, si concentrò sempre più nella sua attività. Da quell’unione ebbe undici figli: di questi, Giuseppe e Antonio seguirono le orme del padre cimentandosi nella pittura; altri due, Giovanni Battista e Francesco, intrapresero la carriera ecclesiastica, mentre Sebastiano diventò notaio. Francesca morì a ventisette anni, mentre gli altri cinque non superarono l'età infantile. Questi lutti colpirono notevolmente l'artista che, in numerosi quadri, amava impersonificare negli angioletti che dipingeva, proprio i figlioletti perduti. Le prime opere che ci sono giunte, ad es. l'Addolorata di Fuipiano al Brembo (1629), testimoniano una cultura pittorica decisamente provinciale. La svolta della sua formazione pare datarsi intorno al 1630, in coincidenza con la terribile peste che spopolò la Lombardia e che lo vede al fianco di Daniele Crespi in parti secondarie di grandi cantieri come la Certosa di Garegnano a Milano e la Certosa a Pavia. Negli stessi anni i suoi ritratti lo rivelano come l'erede più genuino della tradizione che da Lotto a Moroni proteggeva una pittura semplice fondata sull'osservazione della realtà. Una delle prime realizzazioni più convincenti è la Crocifissione di Mapello (1641), dove incontriamo un tratto del suo personale uso del colore. Negli anni vicino al 1640 raggiunse la piena maturità artistica e viene considerato il maggiore artista bergamasco, con Evaristo Baschenis, del seicento sia per la diffusione delle sue opere sia per la qualità espressiva delle sue invenzioni. Ritrattista di grande rilievo ne esegui molteplici per esponenti della nobiltà locale che fecero aumentare a dismisura la sua fama, in tal senso è perfetta la testimonianza di Giacomo Carrara, fondatore dell'omonima accademia, che sottolineava la perfezione di un ritratto tanto che questo poteva essere scambiato per la persona nella realtà. Conosciuto in vita per il suo carattere molto riservato, non organizzò una stabile scuola o bottega, fece da maestro solo ai suoi due figli, Giuseppe e Antonio, che gli furono d’aiuto e non propagandò la propria produzione.  Era un uomo semplice, manteneva sempre le scadenze assegnate e la parola data, e non iniziava mai un nuovo lavoro, qualunque esso fosse, senza aver concluso il precedente. Le sue opere sono stimate in numero di 350. Era poco accettato dalla gerarchia ecclesiale, soprattutto quella cittadina, tanto che commissionò a Ceresa pochissimi dipinti. La sua vera opera si trova per la maggioranza dispersa in piccoli centri delle Valli, quasi monotona per il ripetersi di figure o singole fisionomie, tante repliche ma molto gradite o addirittura richieste dai suoi committenti. Tra i molteplici affreschi meno noti dell’artista quello della cupola della chiesa di Sforzatica S. Maria d’Oleno è unico e maestoso, nelle vele angolari sono raffigurati i quattro evangelisti con relativi simboli, completano la decorazione otto angeli che impugnano simboli mariani.  Col passare degli anni la grande mole di lavoro portò il Ceresa a trasferirsi nella città di Bergamo, precisamente nella parrocchia di S. Alessandro della Croce. Fu qui che morì a 70 anni, all' inizio del 1679, lasciando una cospicua eredità alla moglie e ai figli.


Alcune opere del Ceresa
 - L'Addolorata di Fuipiano (1629)
- La crocifissione di Mapello (1641)
- La pala di San Pietro d’Orzio
- Giovinetto col cappello in mano (1633)
- Giovinetto Bonometti (1633)
- La Madonna ingloria e santi di Ponteranica del 1648
- La Madonna del Rosario di Nese
- La crocifissione di Mapello (1641)
- Le pale di Brembilla e della Costa San Gallo
- Il S. Vincenzo della cattedrale di Bergamo
- La  Guarigione miracolosa del santuario di Desenzano sul Serio,
- La Madonna col Bambino,
- Sant' Antonio e angeli di Urgnano,
- L'Angelo custode del 1674
- Sant’Antonio da Padova di Gorlago
Molte altre opere si possono trovare in numerose chiese della Bergamasca tra queste: Nese, Alzano L., Leffe, Nembro, Paladina, Ponteranica, Villa d’Ogna, Terno d’Isola, Madone, Vercurago, il grosso delle sue opere si trova in Valle Brembana dislocate tra Mezzoldo e Valnegra con epicentro nel suo paese.


 

   
Cristo in croce con Maria
Maddalena e due disciplini
Mapello - Chiesa S. Michele.
  Madonna in gloria e santi,
Bergamo Chiesa S. Caterina
  Sant'Antonio da Padova e
Gesù Bambino, Gorlago
Chiesa S. Pancrazio
         
   
  Coppia di angeli musicanti.
Madonna dei Campi

  Di Stezzano
 
        Cupola ottogonale della chiesa
di S. Maria
d’Oleno
Sforzatica-Dalmine


        Particolari degli evangelisti e
angelo della
cupola.
Sforzatica S.Maria
-Dalmine
         
   
Ritratto di gentiluomo -  Ritratto
di Jacopo Fadini Tiraboschi (1654).
  Ritratto di gentiluomo in nero.
Ritratto di
madre col figlio.
 
  Ritratto di Visconti Anna Cecilia.
Ritratto di Nobiluomo.

 


 

Giovanni Facoetti  -  www.facoetti.com
Aiuto raccolta documentazione: Fratus Roberto