Stefano Caglioni, pittore artista bergamasco.
Quadri ed opere dell’artista pittore “Caglioni” invadono Bergamo e provincia. Dopo la mostra e l’asta dei suoi quadri, svoltasi in Bergamo nei primi giorni di Novembre, le richieste d’informazioni sulla sua pittura e i suoi dipinti sono aumentate. Stefano Caglioni, l’artista che tutta Bergamo ha imparato a conoscere, da quando ormai parecchi anni fa passeggiava per le vie del centro e chiedeva ai passanti una sigaretta, o dialogava con sconosciuti di filosofia, ha riempito tanti muri della città di sue creazioni e oggi è un “nome” tra gli appassionati della sua pittura (le sue tele, ci dicono, vanno a ruba). Il Caglioni riassume così la sua carriera artistica alla vigilia della mostra che gli amici di sempre gli hanno allestito sul Sentierone. Io dipingo la realtà così come la vedo e la interpreto. Una passione che viene da lontano e che lontano l’ha portato. Quando ricorda l’ormai mitico viaggio in Oriente, Stefano dipinge una frase che è un capolavoro: "Io in India ci sono andato per pitturare, solo che non ho trovato i colori". Poi, di fronte all’ilarità generale, precisa: "Non è che sono andato per gli spinelli, quelli li fumavano tutti, è che davvero cercavo i colori a olio e non c’erano. Così ho immagazzinato paesaggi e colori nel cervello e poi quando sono tornato a Bergamo li ho messi su tela". Caglioni è un mito, a Bergamo, destinato a sopravvivere alla sua assenza dal paesaggio urbano. Oggi (maggio 2016) Stefano è al Carisma, da alcuni anni vive al Gleno, la madre va a trovarlo tutti i giorni: “Qui mi hanno rimesso in piedi, prima avevo un buco nella gola e non mangiavo da solo ora dipingo di nuovo e vivo tranquillo” dice Stefano. Al Carisma (il nuovo Gleno, inaugurato il 3 maggio 2014) Stefano è una star tra gli altri ospiti, che non fanno più caso alla corona di spine tatuata sulla fronte e lo chiamano maestro. “Questo nuovo posto mi piace molto perché è pieno di luce, è cosi luminoso che merita sicuramente un quadro, presto dipingerò questa nuova casa”. Un tempo il Caglioni sedeva per strada e imbrattava tele che poi sono entrate nei salotti di mezza città. Anche della Bergamo bene, quella che poi magari s'infastidiva quando lui sul Sentierone si agitava e urlava.  Ma Lui è così, ha nove vite come i gatti, ricordava sua madre dopo che a lungo era stato fra la vita e la morte per un’emorragia cerebrale. Lei che ogni giorno arriva in via Gleno per un allenamento speciale. “Ci mettiamo al tavolo e giochiamo a poker, tenere le carte fa bene alle mani”. Stefano Caglioni ha affrontato un'ernia cervicale, la rianimazione, la riabilitazione, poi ancora un’emorragia cerebrale e una brutta polmonite. Sulla storia di Stefano Caglioni si è detto e scritto tanto, forse troppo, le tentazioni della droga, i viaggi, l'inquietudine che diventa malessere, ma c'è anche altro, l’interesse per la letteratura, ad esempio, si doveva laureare in lettere ma all'ultimo si è fermato e non ha dato la tesi, poi gli studi d'arte all’Accademia Carrara, lasciata a metà per non meglio precisati litigi col maestro Trento Longaretti. Il naif per eccellenza faceva il supplente, aveva il brevetto di bagnino, quando era ragazzo, ha lavorato alle piscine Italcementi. Poi la vita in strada, l'arte, le nature figurative e il percorso che vira verso l'astratto. Un certo sig. Vittorio Sgarbi s’è scomodato a definirlo “il Ligabue di Bergamo”. “Ho dipinto più di diecimila quadri, sono tanti, capito? Li ho contati tutti, per la precisione sono 10.800". La sua storia personale è avvolta nelle nebbie delle dicerie da ballatoio e dei misteri, in mezzo ai quali il personaggio “Cagliù”, da ex bagnino all’Italcementi, è abituato a sguazzare con ironia. Tutti sono concordi nel dire che la famiglia problemi di soldi non ne ha mai avuti: il Caglioni viveva in una bella villa dietro la galleria Conca d’Oro, fin da ragazzo era piuttosto agitato e poi si scelse volontariamente una vita di strada.

 

         

 

 

 

 

 

 

 

Dalmine, maggio 2016   fac/