Nato per la pittura, carattere schivo,
Amante della solitudine, si sente al di fuori e al di sopra.
Geniale e creativo, capisce il valore di certa pittura del Settecento e l’inerzia, fredda e cerebrale, di quella moderna.

Giovanni Carnovali detto il “Piccio”, nacque a Montegrino Valtravaglia, presso Luino, nel 1804 e morì, annegando nel Po per un malore, presso Cremona il 5 luglio de 1873. Primogenito di un capomastro della regione dei laghi lombardi, che nel suo lavoro di arredo dei giardini delle ville del nord-Italia si portava dietro il figlio fanciullo, si trasferì ben presto con la famiglia ad Albino, presso Bergamo. Giovanni Carnovali fu soprannominato il Piccio  dal suo maestro Diotti, perché  era stato ammesso alla scuola a soli 11 anni, dimostrandosi un enfant prodige. Si dice che, ancora bambino, abbia dipinto sul muro di villa Spini un mazzo di chiavi preso da tutti per vero. Fu in terra bergamasca nel 1812 che si fece notare per l'estro artistico e segnalato a Giuseppe Diotti, direttore dell'Accademia  Carrara di Bergamo, dove vi entrò undicenne ma fu sempre refrattario allo stile accademico e senza rendersi conto anticipò la "scapigliatura" lombarda. Non risentì dell'influenza del maestro, tanto che sin dalle prime opere giovanili dà prova, per il ricorso a colori morbidi e vaporosi, di essere vicino al primo Romanticismo lombardo. Gli affibbiarono quasi subito il soprannome “il Piccio” (il piccolo), che lo accompagnò in tutta la sua vita artistica e non solo. Nel 1831 si recò per la prima volta a Roma, con una sosta a Parma, dove studiò i maestri emiliani del Seicento e soprattutto il Correggio e il Parmigianino; fu quindi a Cremona e nel 1836 si stabilì a Milano, pur continuando a viaggiare molto. I suoi soggiorni in Svizzera e in Francia non determinarono comunque mutamenti o evoluzioni appariscenti nel suo linguaggio pittorico, che rimase sostanzialmente legato alla raffinata tradizione della scuola lombarda. Fu un notevole paesaggista e nei suoi numerosi ritratti preannuncia il gusto della Scapigliatura. Nel suo girovagare, molto spesso senza interessarsi dei rischi che correva, fu arrestato più volte per mancanza di documenti di riconoscimento, ed ebbe fama, oltre che di grande artista, anche di spirito solitario. Amava viaggiare a piedi, camminare a lungo e “sentire la terra sotto i piedi”, ma anche nuotare a lungo nel fiume.  Giovanni Carnovali fu famoso anche per il suo carattere molto particolare e stravagante, si raccontano in tal senso curiosi aneddoti e si racconta anche che non volle più mettere piede a Montegrino Valtravaglia, a causa del fatto che in quel paese fu costruita una strada carrozzabile che, a suo avviso, rovinava il paesaggio che lui aveva dipinto in molti dei suoi quadri.  Proprio in questo piccolo borgo si trova ancora la sua casa natale, e, nell'attigua piazza, che porta il suo nome, si può trovare un busto bronzeo a lui dedicato.
Di lui Trécourt ha detto: “è il genio più deciso nella pittura che il nostro secolo abbia prodotto”.

       
         
   
         
   
         

 


 

 I bambini nell’arte del Piccio

In ombra di questo artista è sempre rimasta l’abilità nel cogliere l’atteggiamento dei visi infantili, rappresentati con una spontanea immediatezza. Come un’intera rassegna dei bambini della famiglia Farina: Ercole rappresentato con un cappellone raffaellesco, Achille dallo sguardo pensoso e pieno di fanciullesca confidenza, Carolina con un coniglio palpitante di paura tra le manine, Elisa dal bel viso ovale e dalle guizzanti treccioline. Piccoli ritrattini dove vibra la vita, entrano nell’animo come componimenti poetici, facendo veramente intendere come il pittore sia simile al poeta.

 

   
     

 

Dalmine, agosto 2009