BH10 BombardAereobisUna strage: 278 morti e oltre 800 feriti, danni ingenti. Faceva già caldo quella mattina di giovedì 6 luglio 1944, dalla città e dai paesi vicini affluivano a piedi e in bicicletta operai e impiegati allo stabilimento della Dalmine S.A. (BG). Andavano in fabbrica, una fabbrica che aveva creato un paese. Alle otto del mattino c’erano già all’interno della fabbrica, tra impiegati e operai, circa 4.000 persone. Dal Sud Italia già occupato dagli anglo-americani, nel frattempo, era cominciata l’ “Operazione 614” che aveva per obiettivo il bombardamento di otto località diverse dell’Italia settentrionale, ancora occupata dai tedeschi, fra cui le acciaierie di Dalmine-Bergamo, conosciute anche come Officine Mannesmann.

La spedizione, diretta alle acciaierie di Dalmine (BG), era composta dal 99th B.G. (28 aerei B-17, Gruppo del “Diamante”) di stanza al campo aereo di Tortorella (Salerno) e dal 463rd B.G. (28 aerei B-17, conosciuto come “The Goose Group”) del campo di Celone (Foggia). Gli aerei, conosciuti come Fortezze Volanti, erano del tipo Boeing B-17G Flying Fortress da bombardamento con un’autonomia di viaggio di 3.220 Km, un equipaggio di nove persone e potevano trasportare fino a 7.985 kg di bombe. Punto di ritrovo della spedizione, ore 8.10 del 6 luglio 1944 sopra Foggia e insieme risalire dal sud dell’Italia verso obiettivi prefissati. Dopo l’8 settembre del 1943, con la resa dell’Italia, il primo novembre veniva creata la 15ª U.S.A.F., la forza aerea Statunitense, incorporando tutti gli Stormi da bombardamento allora presenti nel cosidetto teatro di guerra del Mediterraneo (MTO). Sino a quel momento gli attacchi condotti contro l’Italia o territori alleati dei tedeschi, venivano condotti partendo dalle basi nord africane. A seguito dello sbarco in Sicilia e della risalita dello stivale, da parte delle truppe alleate, aveva permesso la cattura degli aeroporti italiani presenti nell’area meridionale. Proprio da quelle basi, il 6 luglio 1944, vedeva oltre 530 velivoli della 15ª U.S.A.F, coinvolti nello svolgimento dell’ ”ordine di operazioni n. 614” che prevedeva un attacco in massa contro obiettivi multipli del Nord Italia ancora in balia dei tedeschi che occupano ancora il territorio e le sue fabbriche. Volano in formazione, disposti su due file, sul mare Adriatico fino all’altezza della penisola Istriana, dove avviene la separazione dei Bomb Wings (B-24 Liberator) che si dirigeranno verso altri obiettivi. I B-17 del 5th B.W. piegano verso nord-ovest, entrano nella pianura e, all’altezza dell’abitato di Stanghella (Rovigo), puntano in direzione nord. Nei pressi di Montebello (Vicenza) due Bomb Groups (il 2nd e il 97th) abbandonano la formazione per dirigersi verso il proprio bersaglio rappresentato dallo scalo ferroviario di Verona. Il resto dello schieramento prosegue il suo percorso sino a raggiungere Riva del Garda dove gli aerei del 99th e del 463rd B.G. virano verso sud-ovest, lasciando i restanti due gruppi continuare la corsa verso Nord che li porterà a colpire il viadotto sul fiume Avisio.

Per Dalmine inizia a profilarsi il disastro. I B-17 giungono a sorvolare Sarnico, sul lago d’Iseo, il previsto “Initial Point” dell’attacco. Intanto, per problemi meccanici, un B-17 del 99th ha dovuto sganciare tutte le sue bombe nel lago e rientrare velocemente alla base, così come aveva già fatto un aereo del 463rd, sempre per noie meccaniche. Per gli altri da quel momento inizia la cosiddetta “corsa di bombardamento”: i velivoli, con i portelloni della stiva aperti, devono mantenere una quota il più possibile livellata ed evitare manovre evasive, per non compromettere i sistemi di puntamento di bordo. I bombardieri si avvicinano all’obiettivo volando a una quota di 23.500 piedi, scortati da 37 caccia P-51 Mustang del 52nd Fighter Group con il compito di proteggerli. Arrivano sullo Stabilimento della Dalmine da est, senza preavviso, il primo stormo, il 463rd, alle ore 11.02, seguito dal 99th alle 11.04. Entrambi lasciano cadere il loro carico di bombe, (bombardamento a tappeto) che attraversano tutta la fabbrica con la forza devastante di un fiume in piena, cogliendo di sorpresa la maggioranza dei dipendenti dello stabilimento, poi se ne vanno indisturbati. Sopra l’obiettivo gli aerei sono inquadrati da colpi di artiglieria contraerea che provoca gravi danni a un velivolo e trascurabili ad altri otto. Un aviatore riporta una leggera ferita al volto.
La sirena d’allarme rimane dolosamente muta.
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Bilancio tragico: i feriti sono oltre 800, mentre le vittime sono 244 dipendenti della Dalmine e 13 di altre aziende. Anche nella popolazione civile ci sono 21 morti. Totale complessivo 278 morti.
I danni all’apparato industriale sono enormi. Verso Mariano al Brembo - Dalmine, appena oltre il confine della fabbrica, viene distrutta una casa e un’intera famiglia di otto persone.
Nel rapporto finale dell’ “Operazione 614”, da parte del 52nd gruppo di scorta, sappiamo che l’ultimo bombardiere ha lasciato Dalmine alle ore 11.20, e inoltre si legge: 27 aerei decollati, uno rientrato in anticipo, 26 aerei hanno sganciato 77 ton di bombe da ca. 500 libbre e 50 pacchi di nichel da un’altezza di 23.000 piedi, dichiarando l’obiettivo ben colpito, soprattutto dal lato Sud, nessun aereo incontrato e la contraerea aveva agito in modo scarso e inaccurato, causando solo un lieve danno.
   

Dopo il bombardamento, una grande nuvola di fumo e polvere copriva lo stabilimento e il paese, un’atmosfera carica, un silenzio irreale. Tutto si era fermato. Poi tutto riprende frenetico, il paese si mobilita per aiutare i feriti, i soccorsi furono immediati, decine di ambulanze accorsero da Bergamo, Como, Varese, Erba per il trasporto dei feriti negli ospedali più vicini. Nel tardo pomeriggio, cessato il lavoro sui feriti, cominciò il recupero delle salme, trasportate nella chiesa di S. Giuseppe di Dalmine, che se pur colpita, spalancò le sue porte per accogliere pietosamente le salme per il riconoscimento e la composizione. A sera c’erano già 160 salme allineate in una chiesa senza banchi. Memorabile il lavoro dei frati Cappuccini di Bergamo che nei giorni seguenti ricomposero pietosamente le salme prima di consegnarle ai famigliari.

   

Per parecchi giorni la gran parte dei dipendenti rimase assente dalla fabbrica, evidentemente perché depressa moralmente e impaurita ma anche perché nei giorni seguenti gli allarmi furono frequentissimi (fino a 10, il giorno 12/6). Pochi giorni dopo fu diffuso un avviso in cui si imponeva a tutti i dipendenti della Dalmine di riprendere il lavoro entro il giorno 24 luglio pena il licenziamento.

Ma perché non fu dato l’allarme? La polemica scoppiò subito ed è alla base del risentimento della comunità verso la Direzione e le autorità tedesche, accusate di non aver suonato l’allarme per non interrompere il ritmo della produzione. L'avvocato Carli, segretario dell'unione Provinciale dei Lavoratori dell’industria indirizzò una lettera al capo della Provincia sig. Vecchini, nella quale era detto che: "la Direzione non aveva voluto dare il segnale di allarme per non interrompere il lavoro". Il capo della Provincia in un telegramma del pomeriggio, indirizzato al ministero dell’Interno della Repubblica di Salò, così invece scrisse: “Ore 11.05 sorvolo periferia Bergamo squadriglie di 26 bombardieri diretti a Dalmine che è stata bombardata ore 11.06. Comitato Milano segnala allarme 11.12, l’allarme non viene diramato essendo aerei già sicuramente passati”. Un anno dopo, il 10 agosto 1945, sono rese note le conclusioni della relazione della commissione nominata dal prefetto: “Il segnale d’allarme non era stato dato perché l’Ufficio Germanico di Milano, il quale solo aveva la facoltà di ordinarlo, lo aveva dato con deplorevole ritardo”. Detto Comando Germanico, infatti, era solito segnalare l’allarme solo in caso di imminente pericolo di grandi formazioni, allo scopo di non far interrompere il lavoro negli stabilimenti di guerra, come appunto nel caso della Dalmine.
A ricostruzione iniziata lo stabilimento sarà di nuovo colpito, il 29 gennaio 1945, il 12 e il 14 aprile 1945. Pesanti i danni alle strutture ma fortunatamente nessun’altra vittima.   

   
         
   
         
   

 


Ma cosa produceva in quell’anno, la Dalmine SA, di così strategico?
Premesso che già dal 22 agosto 1935 gli stabilimenti di Dalmine erano stati dichiarati “Stabilimenti Ausiliari” agli effetti della legge sulla disciplina di guerra del 14.12.1931 n.1699 e la direzione degli stabilimenti aveva emesso l’ordine di servizio datato 23 agosto 1935-XIII, per richiamare l’attenzione di tutto il personale dipendente all’osservanza della legge citata nonché sulle sanzioni, stabilite dalle nostre leggi penali, contro i propalatori di notizie segrete riguardanti la produzione di guerra e la difesa del paese. (ordine di servizio del 23 agosto 1935-XIII della Dalmine).
Nella relazione presentata nel 1941 dal direttore commerciale al Consiglio di Amministrazione della Dalmine, si legge: la nostra produzione è ormai per il 95% d’impiego bellico, il crescente fabbisogno di prodotti della siderurgia, in particolare tubolare, nella nazione in guerra, ha indotto il fabbriguerra (Sottosegretariato per le Fabbricazioni di Guerra) a inserire la Dalmine nelle produzioni settoriali quali, la fabbricazione di proiettili, costruzione di collettori per caldaie marine, serbatoi e ogive per siluri. Il 6 ottobre 1943 fu firmato un accordo tra la Dalmine e l’Incaricato Tedesco della produzione siderurgica in Italia in cui era assicurata la produzione di acciaio e laminati per le necessità belliche di Germania e Italia. Allo stabilimento era assicurata la protezione del Ministero per l’armamento per l’intera durata della guerra. Si disse anche che la Dalmine producesse involucri per le bombe volanti V1 e V2 ma non è stato mai confermato. Era inevitabile, a questo punto, l’intervento degli alleati e del movimento clandestino per trovare un sistema atto a bloccare o rallentare la produzione bellica. Furono organizzati vari sabotaggi tecnici ma nonostante tutto gli agenti anglo-americani non erano soddisfatti e consigliarono il loro comando di bombardare la fabbrica che produceva circa 9.000 tonn di proiettili di missili il mese. 

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La rievocazione e il ricordo di quegli eventi deve essere l’occasione non soltanto per un doveroso omaggio ai Caduti, ma anche per favorire una riflessione e una presa di coscienza da parte dei cittadini sulla loro appartenenza alla comunità cittadina, nel frattempo costituire uno stimolo a un impegno di testimoniare la pace in ogni singolo ambito della vita civile


IMMAGINI DAL FUNERALE DEI CADUTI 

        

Dopo il tragico 6 luglio 1944, il territorio dalminese fu interessato da altri sei bombardamenti e almeno due mitragliamenti, tutti avvenuti negli ultimi mesi del conflitto. Rispetto alla grave incursione dell’anno precedente questi provocarono, fortunatamente, poche conseguenze su persone anche se i danni materiali furono molto gravi sia all'interno dello Stabilimentio che all'esterno su infrastrutture civili.

Il 12 gennaio del 1945: quattro ordigni esplosivi sono stati sganciati nei pressi dell’ azienda agricola “Gruppo Colonico Macallè”. Presumibilmente l’obiettivo era il ponte dell’autostrada Bergamo-Milano. Le bombe non raggiunsero il bersaglio, ma danneggiarono i fabbricati e terreni.

Il 22 gennaio del 1945: una bomba esplose nelle campagne di Mariano, nei pressi di via Pascolo, forse in un tentativo, andato a vuoto, di inquadrare il complesso industriale.

Il 29 Gennaio del 1945: due ordigni esplodevano a circa un centinaio di metri dal Palazzo della Direzione, provocando danni alle vetrate.
Dal diario di una insegnante della scuola elementare di viale Betelli: durante la notte sono cadute due bombe nelle vicinanze dello stabilimento. Stamattina già fino dalle otto vi era il grande allarme. Nessun bambino è venuto a scuola. Le bombe hanno prodotto la rottura dei vetri anche nella mia classe.

Il 12 Aprile del 1945: alle ore 7.40 tre aerei anglo-americani sganciavano sei bombe sullo stabilimento della Dalmine che causarono gravi danni alle strutture interne del reparto Pezzi speciali, Forgia e Zincatura, distruggendo l’edificio delle caldaie Cornovaglia, sinistrando l’impianto per la produzione del gas, l’Officina meccanica e il vicino magazzino generale. Non ci sono state vittime. Ci furono dei feriti non gravi. Ne ricordiamo cinque: Cortinovis Pietro, di anni 53, da Azzano S Paolo; Ammoni Angelo, di anni 31, da Arcene; Trivellini Luigi, di anni 47, da Mariano al Brembo; Valsecchi Edoardo, di anni 59, da Terno e Scola Gino da Bergamo.

Il 14 Aprile del 1945: si ebbe una nuova incursione di quattro apparecchi. poco dopo le undici, con lo sgancio di otto ordigni esplosivi, entro il perimetro dello stabilimento della Dalmine. Due dei quali caddero sull’acciaieria Martin distruggendo uno dei tre forni già sinistrato nell’incursione del 6 luglio ‘44 con danni alla copertura. Due bombe impattarono esternamente nei pressi dell’edificio, danneggiandone il fronte. Il capannone dei laminatoi n. 2 e 3 venne centrato due volte e riportò danni alla copertura, agli impianti ed a una parete perimetrale. In conseguenza degli scoppi, anche il vicino laminatoio riportò danneggiamenti. Gli ultimi due ordigni caddero esternamente alla struttura dei laminatoi n.1 e 2 “vecchi”, sinistrando parzialmente la costruzione e una tratta di una galleria nei pressi del Parco aggiustaggi. Anche questa volta nessuna vittima, solo qualche ferito leggero. Lo spostamento d’aria ha, per la terza volta, infranto le vetrate della chiesa di S. Giuseppe di Dalmine.

Il 21 Aprile del 1945: ultima incursione con l’esplosione di quattro bombe su Dalmine capoluogo. Gli ordigni colpirono un terreno libero compreso fra via Benedetti (ora via Betelli) e un magazzino materiali di pro-prietà delle Società Dalmine.
Dal registro di classe delle scuole elementari di Viale Betelli: nella notte dal 20 al 21 sono state sganciate bombe nelle vicinanze della scuola e dello stabilimento. Molti vetri rotti nella nostra scuola. Ieri ed oggi giornata di continui allarmi. I bambini hanno quasi tutti disertato la scuola.
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Tre di questi attacchi coinvolsero il complesso industriale. I danneggiamenti riportati furono tali da comportare un ulteriore rallentamento di una ripresa produttiva già fortemente ostacolata. Le incursioni condotte nel corso del 1945 provocarono ulteriori rovine anche a edifici esterni al perimetro dello stabilimento. Secondo le osservazioni degli incaricati alla redazione della perizia per l’accertamento dei danni, in questi nuovi attacchi, gli ordigni impiegati, pur risultando di peso inferiore, mostravano una maggiore capacità distruttiva. Infatti, sebbene il numero complessivo delle bombe rilasciate fosse quasi irrisorio, rispetto a quello dell’anno precedente, proporzionalmente i danni arrecati alle strutture furono più rilevanti. I proiettili sembravano arrecare meno rovina al punto direttamente colpito, ma producevano un forte spostamento d’aria e questo poteva spiegare anche le lesioni subite dalle coperture e dalle vetrate di edifici posizionati anche a notevole distanza dal punto di scoppio.
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L’abitato di Dalmine fu anche soggetto, come spesso accadeva nell’ultimo periodo di guerra, ad azioni di mitragliamento da parte di velivoli. Questi, ormai padroni assoluti dei cieli, spesso e volentieri sorvolavano il nord Italia colpendo tutto quello che si muoveva al suolo, reo, ai loro occhi, di rappresentare il nemico. Sempre in Aprile due caccia si sono accaniti a mitragliare il serbatoio dell’acquedotto (il bacino) di Sforzatica , che a distanza di tanti anni, porta ancora i segni di molti fori di proiettili sia sulla sommità che sulla struttura portante.


MONUMENTO A RICORDO DEI CADUTI

Per commemorare il 50° anniversario del bombardamento (1994) la Presidenza della Dalmine, in accordo con il Comune, ha deciso di ricordare l’avvenimento con un monumento che ricordi anche alle future generazioni il sacrificio di tante vite umane. La scelta è caduta su un bassorilievo dello scultore Bergamasco Pietro Brolis (1920-1978). Il monumento è stato eseguito su idea e progetto dell’arch. Erio Amboni e inaugurato nel luglio del 1994.  Il bassorilievo bronzeo è una copia originale di ugual monumento posto all’interno del Cimitero di Bergamo e dedicato alle vittime civili della seconda guerra mondiale. Il monumento è donato dalla Soc. Dalmine S.p.A. alla comunità di Dalmine e collocato nel terreno della chiesa di S. Giuseppe sul lato di Via Mazzini. Trattasi di un ceppo di marmo di Potragno (cm 100x200x49) su cui è posto il bassorilievo di bronzo raffigurante una “pietà moderna” Il dramma di una sposa di fronte alla morte del marito e del figlio che tiene in grembo.

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MEDAGLIECOMMEMORATIVE

  • Medaglia del 40° anniversario bombardamento di Dalmine    1944 - 1984
  • Medaglia del 50° anniversario Bombardamento di Dalmine    1944 - 1994
  • Medaglia del 60° anniversario bombardamento di Dalmine    1944 -  2004
                             

       Descrizione completa delle medaglie


Foto: archivio privato Sig. Fratus Roberto.   -    sito web - www.facoetti.com
Dalmine: 20 aprile 2009 - gianni facoetti  -  Aggiornamenti: 09 maggio 2010; 25 febbraio 2013;

 TESTIMONIANZE e APPROFONDIMENTI: