Greta e Vanessa, cresce l’angoscia per le due volontarie rapite in Siria

In tanti si interrogano sulle circostanze per le quali Greta e Vanessa hanno voluto recarsi nel sud ovest della Siria, dove è in corso una vera e propria rivoluzione contro il governo di Assad di Paolo Candeloro

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (foto da Facebook)

Greta Ramelli e Vanessa Marzullo (foto da Facebook)

Gavirate (Varese), 11 agosto 2014 -  Un'attesa spasmodica. E drammatica. È un silenzio carico di tensione quello che circonda la villetta di via Amendola nella quale Greta Marelli, la ventenne volontaria scomparsa il 1° agosto dal villaggio di El Ismo (a sud ovest di Aleppo), vive insieme ai familiari. Sono ormai passati 11 giorni - sei da quando la notizia è stata resa nota dalla Farnesina -, ma le ore sembrano non passare mai. Orecchie puntate al telefono, in attesa che dal ministero degli Esteri arrivino buone notizie e la situazione si risolva al più presto. Per non lasciarsi prendere dall’angoscia e guardare con un minimo di ottimismo al futuro, i genitori di Greta si affidano anche alle preghiere di amici e conoscenti, mentre sul web si continua a discutere.

Il massimo riserbo voluto dai familiari della giovane cooperante (e dallo stesso ministero degli Esteri) non è stato infatti rispettato in toto, e del resto - vista la gravità della situazione - non avrebbe potuto essere altrimenti. In tanti si interrogano sulle circostanze per le quali Greta e Vanessa hanno voluto recarsi nel sud ovest della Siria, dove è in corso una vera e propria rivoluzione contro il governo di Assad. Senza dubbio per avviare il progetto denominato «Horryaty» (che in arabo significa «libertà») - mirato ad attivare corsi di primo soccorso, rifornire la zona di kit di emergenza e assicurare cure adeguate a pazienti che soffrono di malattie croniche -, anche se nelle ultime ore c’è chi ha posto l’attenzione su alcuni «appoggi» dei quali le ragazze avrebbero beneficiato nel Paese del Vicino oriente. In particolare, si discute in merito a un cartello - esposto da Greta e Vanessa durante una manifestazione - sul quale appare una scritta in arabo che farebbe riferimento a un gruppo islamico. Insomma, i commenti riguardanti la vicenda delle due ventenni rapite in Siria stanno andando ben oltre la doverosa preoccupazione per le loro sorti, con le frasi pubblicate su Facebook dall’assessore comunale varesino Stefano Clerici («sono andate in Siria a farsi i selfie») che continuano a far discutere, tra chi condivide la sua tesi circa l’eventuale riscatto da far pagare alle famiglie delle ragazze (e non allo Stato) e chi invece difende il loro operato.

«Tutto questo accanimento mi sembra troppo - scrive la nostra lettrice Raffa Bianchi sulle pagine del sito internet de Il Giorno -. Greta e Vanessa portavano soldi e farmaci e documentavano quello che succede in Siria. Sono persone da prendere da esempio, non da criticare». «Esaltiamo dei giocatori che prendono un sacco di soldi per correre dietro a un pallone - le fa eco Luca Mancini -, e si insultano due giovani donne per aver realizzato un progetto importante in un luogo disastrato del mondo. Siamo un paese piccolo piccolo: grazie a Greta e Vanessa e coraggio a loro e a tutti i loro cari». Nel frattempo, i genitori della giovane gaviratese avrebbero chiesto all’associazione «Le Rose di Damasco» di togliere i nomi delle due ragazze dal messaggio di presentazione di una marcia «contro il massacro chimico della Siria» apparso su Facebook. Insomma, se per le strade di Gavirate il silenzio voluto dalla famiglia di Greta è rispettato, sul web si continua a parlare di lei e di Vanessa. Sperando ci si possa presto occupare della loro liberazione.