Si scrive “sblocca Italia” ma al Nord si legge “sblocca rifiuti”. Per risolvere l’emergenza rifiuti che assilla buona parte del Sud-Italia il governo Renzi ha deciso per decreto, di smaltirla negli impianti del Nord-Italia, portando al massimo il loro carico termico. Significa che diversi impianti dovranno bruciare fino al 30% in più di rifiuti. (stimati 1,3 mil di tonn). Costringere gli impianti a lavorare al carico massimo può essere condivisibile, perché costruiti per questo, ma non deve essere né imposto per legge né obbligatorio perché ogni impianto ha i suoi limiti. Inoltre cambiare le regole in corsa e dare il via libera alla circolazione dei rifiuti su tutto il territorio suonano come una penalizzazione e umiliazione per chi ha pianificato da tempo la sua gestione.

Ma dove si localizza la mancata attuazione delle norme europee? Servirebbe più chiarezza. Pensate invece a quanti posti di lavoro si potrebbero creare con una corretta gestione dei rifiuti; vien da pensare che a certe latitudini, la popolazione stia bene così, “i rifiuti li mandiamo a bruciare al nord e, dopo che li hanno ben ben respirati, gli chiediamo anche i soldi per pagarli” (Napoli e Roma docet). Da notare che: i rifiuti campani erano catalogati come “cdr” ma sul contenuto “pulito” non sono mai mancati i dubbi, anche da parte della magistratura. I centri di trattamento dei rifiuti in Campania, si sono trasformati in STIR, ovvero “stabilimento di tritovagliatura” Con questa furbesca trovata non è più necessaria un'autorizzazione regionale e possono circolare. E’ una gigantesca presa in giro perché, l'Unione Europea e il Ministero dell'Ambiente, non considerano la tritovagliatura un sistema di trattamento dei rifiuti. Comunque, questo era prima, ora invece, grazie allo “sblocca Italia”, si consente il loro smaltimento anche lontano dal territorio in cui vengono raccolti. Un provvedimento molto ingiusto e inaccettabile perché mentre al Nord aumenta la percentuale di raccolta differenziata, altre città come Roma o Napoli continuano a vivere di rendita, alle spalle di altri e la raccolta differenziata rimane una chimera. (dati legambiente anno 2010: 33,6% la quota di raccolta differenziata in Italia; 49,1% al Nord; 27,1% al Centro; 21,2 al Sud). Il Comune di Dalmine ha sul suo territorio l’inceneritore della REA ma è accertato che i possibili effetti dello “Sblocca Italia” sono in realtà già superati dagli eventi. Da tempo la Rea smaltisce nel proprio impianto rifiuti provenienti al 50% dalla Lombardia e al 50% da fuori, prevalentemente da Roma e Napoli. Quando, qualche buon frescone, tra il 2012 e il 2013 organizzò il passaggio di oltre 100 comuni della Provincia, per il conferimento rifiuti, da Rea ad Aprica-A2A, era evidente che Rea non sarebbe stata a guardare, creato il vuoto lo ha riempito con le eco-balle. Questo perché gli impianti si progettano per lavorare non per stare a guardare i fresconi. L’errore, o orrore, per il territorio Dalminese, casomai non sia nel bruciare rifiuti di diversa provenienza, ma nell’averlo costruito in una zona molto inquinata. Correre ai ripari sarà molto dura, anche perché negli ultimi anni le amministrazioni locali non sono state in grado di gestire al meglio la struttura e i cittadini Dalminesi lo sopportano senza aver mai avuto alcun vantaggio sia economico sia ambientale.

 

   

 

 


Dalmine, 21 sett 2014       -     facoetti/


 

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