PER NON DIMENTICARE I NOSTRI RAGAZZI  -  La seconda guerra del Golfo, è un conflitto iniziato il 20 marzo 2003 con l'invasione dell'Iraq da parte di una coalizione (Operazione Iraqi Freedom - OIF),  formata da Stati Uniti d'America, Regno Unito, Australia, e Polonia, con contributi minori da parte di molti altri stati, tra cui l'Italia. Esso è stato preceduto da una lunga ostilità armata, iniziata nel 1990 con la prima guerra del Golfo fra l'Iraq, del dittatore Saddam Hussein, e molti altri Stati, USA in primis, in aiuto al piccolo emirato del Kuwait, dopo che questo era stato invaso dall’esercito di Saddam Hussein. L'Iraq di Saddam Hussein, è accusato di possedere le famigerate Armi di Distruzione di Massa

(spesso definite anche armi non convenzionali, come le testare atomiche e le armi batteriologice, capaci di uccidere una grande quantità di esseri viventi) e di finanziare il terrorismo internazionale di matrice islamica.
Il 1 maggio 2003 la guerra è ufficialmente finita, anche se di fatto gli eserciti stranieri non hanno mai avuto il controllo pieno del territorio.
La risoluzione ONU 1483 del 22 maggio 2003, approvata dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, invita tutti gli Stati a contribuire alla rinascita dell'Iraq, favorendo la sicurezza del popolo iracheno, la ricostruzione e lo sviluppo della nazione.
L'Italia partecipa, all’ appello dell’ONU, attraverso la missione "Antica Babilonia" fornendo forze armate dislocate nel sud del Paese, con base principale a Nassiriya, sotto la guida inglese. La missione italiana inizia il 15 luglio 2003 (e termina il 1 dicembre del 2006) ed  è un'operazione militare con finalità di peacekeeping (mantenimento e salvaguardia della pace), che ha i seguenti obbiettivi:
•    ricostruzione del "comparto sicurezza" iracheno attraverso l'assistenza per l'addestramento e l'equipaggiamento delle forze, a livello centrale e locale, sia nel contesto della NATO sia sul piano bilaterale;
•    creazione e mantenimento della necessaria cornice di sicurezza;
•    concorso al ripristino di infrastrutture pubbliche ed alla riattivazione dei servizi essenziali;
•    rilevazioni radiologiche, biologiche e chimiche;
•    concorso all'ordine pubblico;
•    polizia militare;
•    concorso alla gestione aeroportuale;
•    concorso alle attività di bonifica, con l'impiego anche della componente cinofila;
•    sostegno alle attività dell'ORHA; (organizzazione per la ricostruzione e assistenza umanitaria)
•    controllo del territorio e contrasto alla criminalità.

I soldati italiani furono schierati nel sud sciita, un'area relativamente tranquilla rispetto alle province sunnite e alla capitale Baghdad; la sede principale del contingente Italiano era nella città di Nassirya, capoluogo della provincia di Dhi Qar, dove l'italiana Barbara Contini fu posta dall'autorità provvisoria della coalizione (CPA - Coalition Provisional Authority) a capo dell' amministrazione civile incaricata della ricostruzione.


 
 
   
 
   
 
   
 
   
 

Il 12 novembre 2003, alle ore 8,40 italiane, un camion carico di esplosivo viene fatto saltare in aria davanti alla caserma che ospita il contingente italiano a Nassiriya, devastando la palazzina che è avvolta dalle fiamme. Perdono la vita 19 italiani: 12 carabinieri, 5 soldati, 2 civili italiani, e 8 iracheni. I feriti sono numerosi. L'atto terroristico è firmato da Al Qaeda. 
La palazzina ospitava il comando italiano delle truppe di stanza a Nassirya, nella zona affidata ai militari italiani per il controllo del territorio dai terroristi di Al Quaeda. Per i nostri soldati fu una strage; la peggiore dopo la seconda guerra mondiale.
L’ubicazione della costruzione era appena fuori della città, al fianco di uno stradone, dove stava un piazzale aperto con al fondo la costruzione in cemento armato che i responsabili del nostro esercito assunsero come sede del comando territoriale. Nessun muro di difesa, né barriere in cemento. Il camion del terrorista suicida si presentò davanti all'edificio e si fece saltare in aria. Nulla poterono i pochi soldati di sentinella che si accorsero solo all'ultimo momento di quanto stava avvenendo.

Dopo tre anni e mezzo la bandiera italiana è stata ammainata, nella base militare in IRAQ, e i militari rientrati in Italia. Durante tutto il periodo della missione i nostri militari hanno svolto il loro compito con coraggio e professionalità garantendo alla popolazione l'ordine e la sicurezza. Sul terreno l'Italia ha lasciato 39 morti. Il popolo italiano mai dimenticherà l'estremo sacrificio di questi nostri connazionali caduti per assicurare pace e stabilità in quella zona martoriata dalla guerra.


Tutti gli italiani - dichiara il Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi - sono stretti intorno alle loro forze armate e alle famiglie dei caduti: soldati, Carabinieri, civili. Da decenni l'Italia è impegnata in missioni di pace nelle più varie parti del mondo, missioni segnate da stragi e da morti. Non daremo tregua ai responsabili di questo orrendo attentato. La lotta al terrorismo è una priorità per tutti i popoli.

Le 19 vittime, cadute nell'attentato continueranno a vivere nella memoria degli Italiani e in ogni parte d'Italia si esprimono cordoglio e ricordano le vittime dell'attentato.

I caduti di Nassiriya sono un "esempio di mirabile dedizione al senso del dovere e all'amor patrio". E' quanto afferma il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in un messaggio inviato al ministro della Difesa in occasione dell'anniversario della strage.

 



Non sono mancate voci stonate fuori dal coro:

A Marano di Napoli, il sindaco, esponente del partito dei comunisti italiani, cancella "via Martiri di Nassiriya, istituita in precedenza dal commissario prefettizio.

I padri comboniani baresi si chiedono se sia giusto dare la comunione ai soldati italiani in Iraq che si sono arruolati volontari per una guerra criminale.

In alcuni cortei di pacifisti (dichiaratamente di sinistra) si grida: "dieci, cento, mille Nassiriya".