Il Gioppino è forse la più antica maschera bergamasca, risale all’inizio dell’ottocento. Il suo aspetto fisico è leggendario: tozzo, tarchiato, dalla faccia gioiosa e bonaria, dal collo deforme per tre gozzi sporgenti che esibisce non come fossero difetti fisici ma veri e propri gioielli, veste una grossolana giubba verde bordata di rosso, una camicia aperta fino a scoprire il ventre, pantaloni scuri alla zuava e un cappellaccio nero.
Il nome esatto dovrebbe essere Giuseppino Söcalonga detto Gioppino, (Giupì) il padre fu tale Bortolo Söcalonga, contadino della campagna alla periferia di Bergamo (Sànga - Zanica); più incerta la provenienza della madre che di nome faceva Maria Scàtolèra. Il Giupì dopo un lungo fidanzamento, sposò la celebre Marietta detta Margì e dalla loro relazione nacque Pissanbraga Söcalonga detto Bortolì. Gioppino ha anche due fratelli, Giacomì e il piccolo Pissa 'n braga, anch’essi figli di Bortolo Söcalonga e Maria Scatolera. Completano la famiglia, i nonni Bernardo e Bernarda.
Gioppino è sicuramente una creazione tipicamente popolare, che ha saputo mirabilmente fondere in lui la sua vena spiritosa, la sua spontanea arguzia, i suoi gesti grossolani ma sempre farseschi. In fondo Gioppino non è che una caricatura del nostro popolo contadino, da cui ha preso il linguaggio grossolano, esagerandone i difetti e la rusticità, all'apparenza sempliciotto, ma in verità assennato e scaltro è padrone delle scene e delle situazioni, che quasi sempre domina a colpi di bastone, sempre affamato, di maniere e di linguaggio rozzi, ma con tanto cuore.
Il mondo nel quale vive il Giupì era diverso da quello di oggi; i burattinai andavano non solo nelle piazze, ma anche nelle trattorie, negli oratori, nei cortili delle case coloniche e non per caso le loro esibizioni coincidevano col periodo del raccolto. In questo periodo infatti i contadini avevano qualche lira in più da spendere ma, a volte, erano compensati in natura (uova, vino, cotechini ecc). I loro spettacoli si tenevano tutti i giorni ad eccezione del venerdì che onoravano in modo particolare. Questo giorno per loro non era lavorativo perché dedicato al trasferimento da un paese all'altro o al riposo.
- Sicuramente il più noto dei burattinai del Giupì fu Benedetto Ravasio. Nato a Bonate nel 1915 e morto nel 1990. Ha dato al Gioppino la capacità di parlare e di coinvolgere il pubblico giovanile portando i suoi spettacoli per oltre quarant'anni, in tutta la provincia e in Lombardia. Figlio di panettiere decise, insieme alla moglie Giuseppina Cazzaniga, di intraprendere professionalmente l’arte del burattinaio alla fine degli anni ’40. Sapeva cantare, suonare violino e mandolino, fu scultore pittore e drammaturgo di se stesso. Fu in poche parole il burattinaio completo. Dopo la morte di Benedetto, avvenuta nel 1990, la famiglia Ravasio decise di raccogliere tutta la collezione e gli attrezzi di lavoro, burattini, baracche, copioni e fondali dipinti dell’artista bonatese perché nulla andasse perduto o disperso e nacque così, in sua memoria, nel 1993 la “Fondazione Benedetto Ravasio“. Le finalità sono la conservazione dell’attività svolta, promozione della conoscenza, diffusione e studio del teatro d’animazione. Dal 1996 la fondazione organizza ogni anno la rassegna “Borghi e Burattini” che propone spettacoli di teatro di animazione sempre nelle piazze.
- Ol Giupì, emigrò in Svizzera nel 1934 assieme al suo burattinaio, il Losa nativo di Cisano Bergamasco. Nel Canton Ticino, i suoi spettacoli ebbero molto successo e dovette tornare più volte oltre confine.
- La famiglia di burattinai più longeva fu quella dei Costantini di Brescia attiva già alla fine del '600 con spettacoli della commedia dell'arte e sul finire dell'800 con il Giupì.
- Altro interprete dei burattini è il Pirlo di Palazzolo S.Oglio che negli anni sessanta alternava commedie di tipo classico con farse i cui titoli erano "Gioppino al manicomio" oppure "Gioppino in Africa" o ancora "Gioppino al castello di satana" ecc.
- I coniugi Foglieni, burattinai da oltre cinquant'anni, amavano anch’essi intercalare commedie con le farse Gioppiniane, con un personaggio ignorante e rozzo ma molto furbo che, prima di bastonare qualcuno, lo apostrofava con un lapidario "stà in pe intàt chè te ènde".
- Un altro grande conoscitore del teatro del Giupì è il “Bigio”, al secolo Luigi Milesi, che elevò a ruolo di protagonisti delle commedie e delle farse i briganti. I briganti cattivi sono molto importanti nelle commedie; devono, infatti, sempre cedere al Giupì che li mattarella di brutto. I nomi di questi personaggi sono: Masticabrodo, Spacamontagne, Ciciabrùgnì, Lècamarmite. Poi vi sono i briganti buoni e di questi, il più celebre, è il Pacì Paciana. Tipica la frase del Giopì alla vista del brigante: "...Madona se lè bröt i sto che! La fo in braghe sule a èdìl". Milesi alternava la sua attività principale di pasticciere e albergatore a quella di burattinaio per passione, con spettacoli che teneva nella piazzetta adiacente ai propri locali per il godimento di grandi e piccini.
- Una tradizione secolare vede la presenza di burattini in P.zza vecchia a Bergamo ed è naturale che questa tradizione sia presente anche nel festival 2014 “Borghi e Burattini” oggi alla 19ª edizione, che si celebra nel ricordo di Benedetto Ravasio. La prima baracca però sarà innalzata a San Pellegrino Terme, dove il burattinaio Roncelli e il cantastorie Ravasio presenteranno la storia del Pacì Paciana in ricordo del burattinaio “Bigio” fondatore, 80 anni fa, della pasticceria che porta il suo nome. Roncelli reciterà con gli stessi burattini usati dal Milesi, per l’occasione tolti dalle loro vetrine, che torneranno e far rivivere i personaggi di un tempo tanto amati dal “Bigio”.
- Nell’ottocento la presenza di una baracca in Piazza Vecchia era una consuetudine e non è un caso se ancora oggi gli unici spettacoli burattineschi che si tengono in città sono rappresentati sotto le stesse arcate.
- Altro burattinaio che ha ripreso le commedie del Giupì e stato il Roncelli di Brembate Sopra che, vecchi testi alla mano li ha riadattati rendendoli più godibili dal pubblico di oggi, con la collaborazione del cantastorie Luciano Ravasio che, all'esterno della baracca con la sua chitarra, fa da supporto alle storie. Il Giupì inoltre, per la prima volta, interagisce con il pubblico creando un contatto diretto.