Durante la dominazione Veneta, Bergamo era governata da due rettori. Il Podestà che amministrava la città e il Capitano che amministrava la provincia. Questi rettori rendevano edotto il loro governo della situazione demografica ed economica dei territori da loro amministrati a mezzo di “relazioni”:
Interessante quella del Capitano Zuanne. Essa porta la data del 21 ottobre 1596, descrive la città, gli edifici, le istituzioni quindi descrive il territorio nelle sue circoscrizioni e per ciascuna di esse i vicariati e le rispettive comunità, coi confini, le contrade i privilegi, gli estimi, le chiese, i monasteri, i prodotti e tutte le singolari particolarità di ognuna.
Da essa si ricavano alcuni dati interessanti che si riferiscono al Comune di Sforzatica.
Sforzatica è una terra situata in pianura e posta di qua dal Brembo col quale confina.  Dista 4 miglia da Bergamo e 8 dal fosso milanese, ha il circuito di 1 miglio. In paese si contano 64 fuochi (famiglie), gli abitanti erano 225, dei quali 55 validi, il resto vecchi, donne e bambini. Vi erano 3 soldati: 1 archibugiere, 1 picchiere (soldato che combatteva a piedi), 1 galeotto (presumo scontasse la pena col servizio civile). I più grossi proprietari risiedevano in città, essi possedevano complessivamente 2.549 pertiche (1 pertica = mq 662,31), il rimanente terreno, nella misura di 380 pertiche, apparteneva ai proprietari del luogo. Vi si raccoglievano grano e vino in abbondanza. Gli abitanti erano tutti poveri lavoratori e braccianti senza traffici e commerci, perché le terre erano di proprietà dei nobili di Bergamo. Il comune possedeva di proprio 4 pertiche di terreno che era dato in affitto. C’erano 100 pertiche di pascolo pubblico e 50 di ghiaieto. Il comune era amministrato da un console che aveva un salario di lire 50 e da due sindaci che percepivano uno scudo ciascuno. Ogni uomo dai 18 in su pagava 40 soldi all’anno di tassa. Il totale delle imposte comunali raggiungeva la cifra di lire 500. Vi era la chiesa parrocchiale di S.Andrea che era situata oltre la metà del territorio verso il Brembo, la quale metà era sotto la giurisdizione dell’Arcivescovo di Milano. Nell’altra metà c’era la chiesa di S. Maria d’Oleno, posta sotto la giurisdizione del Vescovo di Bergamo. L’una e l’altra avevano un proprio parroco. L’entrata dei beni della chiesa era di lire 500 ciascuna. Non vi era altra istituzione di beneficienza. C’era una seriola detta il serio, con due ruote da mulino. Il patrimonio zootecnico era formato da 74 bovini e 26 cavalli.
Nel manoscritto v’è un cenno anche di Dalmine e vi si dice testualmente: la chiesa di Dalmine è S. Giorgio. Non vi si celebra messa, per cui gli abitanti devono recarsi altrove ad ascoltarla.


da squilli parrocchiali di Dalmine, anno 1943 mese di Maggio.
Dalmine, maggio 2010         fac/